top of page
Immagine del redattoreElisa Corallo

Dal Babà al Savarin

Aggiornamento: 18 nov 2020

Nel post precedente abbiamo parlato dell'origine del Babà e del suo nome, ma ci sono ancora alcune curiosità da esplorare: come è diventato il dolce inzuppato e farcito che conosciamo? Qual è la sua relazione col Savarin? E come mai è diventato un classico napoletano?



Savarin
Savarin

Può darsi che il goloso re Stanislao amasse effettivamente mangiare il Baba imbevuto di vino (pare che avesse una cattiva dentatura), ma il dolce non sarà servito inzuppato se non a partire dal XIX secolo.



Babà al rhum in forma di "bouchon"
Babà al rhum in forma di "bouchon"

Le prime tracce di Babà inzuppati dopo la cottura sembrano risalire al 1835 quando a Parigi, oltre al Baba “asciutto”, cominciarono a comparire il Baba imbibé (inzuppato immergendolo nell’alcol) e il Baba glacé au rhum (innaffiato di rhum dopo la cottura, ancora tiepido, e poi spennellato con un nappage all’albicocca, una sorta di gelatina specifica per rifinire i dolci).


A questo punto pare siano apparse anche le taglie individuali e la forma a bouchon (tappo, come nella foto sopra) che oggi conosciamo: infatti, essendo inzuppati con l’alcol, non c’era più rischio di rinsecchimento e cattiva conservazione come con il Babà originario.


I Babà inzuppati divennero sempre più popolari finché i fratelli Julien (fra cui Auguste, che avrebbe lavorato in precedenza presso il negozio Sthorer) non ne imposero definitivamente la moda con la loro creazione: il Savarin.

Savarin in formato individuale
Savarin in formato individuale

Chiamato così in onore di Jean Anthelme Brillat-Savarin, autore della celebre opera “La physiologie du goût”, il Savarin è un impasto da babà ma senza uvetta, all’epoca inzuppato con uno sciroppo di agrumi e spezie. La forma classica è rotonda, senza scanalature e con una fossa al centro.




A partire da metà ‘800, il Babà viene sistematicamente inzuppato.

Col tempo l’alcol puro viene progressivamente sostituito con uno sciroppo alcolico (tradizionalmente al rhum) e la ricetta è arricchita con crema pasticcera o Chantilly e decorazioni di canditi.

Oggi il Babà ha perso le uvette e si tende a dimenticare la differenza col Savarin: per molti i due termini sono praticamente sinonimi.


Un ultimo punto rimane da chiarire sul Babà: com’è diventando un classico partenopeo?

Pare che il Babà sia arrivato a Napoli grazie alla sposa di Ferdinando I, Maria Carolina d’Austria, niente meno che sorella di Maria Antonietta.

Maria Carolina avrebbe fatto venire alla corte dei Borboni a Napoli alcuni cuochi di Versailles.


I cuochi francesi portarono la raffinatezza della loro cucina e la fusero con la semplicità di quella partenopea. Insegnarono le loro tecniche ai cuochi locali, che una volta formati divennero i famosi Monsù o Monzù che troviamo in opere come “Il Gattopardo” e “I Viceré”. Monsù era la storpiatura di Monsieur, prestigioso titolo con cui si facevano chiamare questi nuovi cuochi d’élite.

Il Babà sarebbe così arrivato a Napoli, ma ancora nella sua versione originaria. I Monsù però continuarono a seguire l’evoluzione dei prodotti, e fu così che anche a Napoli il Babà si trasformò, come in Francia, nel dolce inzuppato che oggi tutti conosciamo.

Per andare più lontano:

- Berry Farah, "Histoire inédite des Pâtisseries françaises", Editions Berry Farah, 2019



197 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

コメント


bottom of page